Amo andare in montagna. Mi piace osservare come muovendosi lungo un sentiero la prospettiva continua a cambiare.
Mi ricorda come tutto ciò che osservo è tale perché lo osservo dal mio personale punto di vista, ed è questa osservazione a creare la mia esperienza di vita, unica, irripetibile. Tra miliardi di esseri sul pianeta non possono esistere esperienze identiche, semmai simili, ma mai identiche.
Alcuni giorni fa sono stato in montagna con un gruppo di amici e uno di loro aveva un cane. Dopo circa un’ora di cammino lungo una ripida e deserta salita il cane decide di farla in mezzo allo stretto sentiero.
Che cosa penso? Beh, la mia mente previdente già ha calcolato che entro sera almeno una persona avrà centrato in pieno il ricordino. Non ci sono approssimazioni, il mio dato è certo. C’è anche una possibilità sebbene remota che possa essere io quella persona sulla via del ritorno, ma è molto remota perché so fiutare il pericolo e, in questo caso, non solo quello.
Che cosa faccio? Domando all’amico se ha intenzione di raccogliere la cacca, del resto penso “è il suo cane…non è affar mio…” e intanto osservo che c’è una parte di me che vuole dividermi e che cerca di accusare il mio amico. Ed è in quell’esatto istante che solo grazie all’auto-osservazione mi chino e prendendo in prestito dal mio amico la virtù dell’umiltà (della quale so che è dotato) getto la cacca nella scarpata a fianco del sentiero.
La parola umiltà viene dal latino humus, cioè terra e quando mostrata ci porta ad abbassare il capo in un movimento che ci avvicina alla terra. L’umiltà è l’antidoto dell’orgoglio che al contrario ci porta ad alzare e reclinare il capo all’indietro in un atteggiamento che conosciamo con il nome di superbia e che ha lo scopo di proteggere la nostra personalità, ovvero il nostro ego che è per sua stessa natura separatista, ci separa dagli altri e soprattutto dalla nostra madre più grande: la terra.
Umiltà significa ritornare alla terra, chinare il capo di fronte al Creato, un atto di grandissima forza perché ci costringe a scendere dall’illusorio podio sul quale tutti, nessuno escluso, ci siamo messi. Umiltà è anche riconoscere il nostro compito più elevato, quello di essere qui per servire.
La personalità di tipo Due nell’Enneagramma accomuna in sé queste due caratteristiche, nello stato della personalità si manifesta l’abitudine emotiva (la passione o vizio capitale) definita dell’orgoglio mentre nello stato dell’essenza vi è la virtù dell’umiltà. La tensione tra questi due poli crea l’essere umano che più di tutti è disposto all’aiutare e servire il prossimo.
Quante volte camminiamo per strada (ma anche e più paradossalmente nei boschi) e osserviamo magari anche indignati ogni sorta di monnezza abbandonata ma non facciamo nulla per abbassarci e raccoglierla? Abbiamo tutti molte scuse a difesa del nostro non-agire, “non l’ho buttata io”, “ci penserà qualcun altro a pulire, io pago le tasse!” ecc.
Ogni tanto, e a fatica, raccolgo la sporcizia che trovo per strada e nel farlo ho osservato una cosa, anzi due:
Se non c’è nessuno che mi osserva provo un certo orgoglio e senso di superiorità nel farlo (“io sono meglio…”) ma se c’è qualcuno che mi osserva (che mi fa letteralmente da specchio) mi sento come umiliato, mi sento come se fossi stato io a lordare il suolo pubblico ed è proprio qui che comprendo che la separazione tra me e gli altri è soltanto un’illusione, a sporcare è stato solo un’altro me.
La terra non ci appartiene, siamo noi ad appartenere alla terra. Terra eravamo e terra ritorneremo.
Mauro
“Per un essere umano amare un altro essere umano: questa è forse la più difficile di tutte le cose, l’estrema ed ultima prova, il lavoro per il quale tutti gli altri lavori altro non sono che preparazione”
Rainer Maria Rilke